mercoledì 19 febbraio 2014

Sanremo … ridateci il Festival della canzone

Quello che si è visto ieri sera in diretta dalla città dei fiori per la prima serata del 64° Festival di Sanremo è l’esatta fotografia di un Paese che naviga veramente in una palude di acqua melmosa dove chiunque si sente in qualche modo autorizzato ad usare un evento televisivo per avere non solo visibilità ma anche e soprattutto per trasmettere messaggi non più trasversali ma diretti.
E così capita che il mezzo televisivo venga usato a sproposito da cittadini che si rivolgono alla politica e che quest’ultima di contro lanci i propri messaggi attraverso un leader che monopolizza le telecamere nella mezz’ora che precede la diretta e per mezzo dei conduttori che non risparmiano le loro battute a senso unico.
Sembra quasi impossibile che una trasmissione in eurovisione per la quale il servizio pubblico spende fior di milioni di euro per la sua realizzazione apra la diretta con un sipario che non si apre e con due operai ( disperati da mesi e mesi trascorsi senza ricevere lo stipendio ) che sfuggiti a qualsiasi tipo di controllo  minacciano di buttarsi giù dalla galleria del teatro.
Questa apertura in pieno caos televisivo ha avuto come prologo la comparsata di Beppe Grillo leader del Movimento 5 Stelle nella zona antistante l’entrata del teatro Ariston, dove da uomo di spettacolo navigato si è messo a favore di vento o meglio di telecamera ( in maniera tra l’altro del tutto annunciata ) regalandosi di fatto una buona mezz’ora di diretta televisiva in cui ha snocciolato tutto il suo miglior repertorio come leader dei pentastellati.
Che dal palco del Festival di Sanremo siano stati lanciati in passato messaggi di ogni genere non è una novità e del resto non si può nascondere che il Festival sia parte integrante della storia del nostro Paese, ma con il passare degli anni i messaggi subliminali hanno sempre più lasciato il posto a messaggi diretti e ben precisi, soprattutto di natura politica.
Certo viene da sorridere al messaggio lanciato nel 1952 agli albori del Festival da Nilla Pizzi che con la sua “ Vola colomba “ cantata con la mano sul cuore auspicò di fatto il ritorno di Trieste all’Italia.
E che dire del messaggio lanciato nel 1958 da Domenico Modugno quando le sue mani, non più sul cuore, si alzarono al cielo nel cantare “ Volare”  quasi a testimoniare un gesto di liberazione ed un segno di speranza per quel boom economico che avrebbe di fatto accompagnato l’Italia di quegli anni.
Ma il vero problema della kermesse sanremese è quello di aver perso con il passare degli anni la sua vera identità, non ci troviamo più di fronte al Festival della canzone italiana ma ad uno spettacolo “contenitore” in cui all’interno vi sono anche le canzoni che hanno però di fatto perso quella orecchiabilità tipica delle canzoni sanremesi, trasformando il Festival in una sorta di Premio Tenco allargato.
In più a fare da cornice a canzoni di pessima qualità, tipo quelle cantate dai Perturbazione ( più adatte al Festival dello sconosciuto di Ariccia ) vi è lo stillicidio continuo delle battute della Littizzetto che apre bocca ( usando una terminologia farcita di culi,tette ed altri vocaboli che denotano un certo logoramento della sua vena creativa ) anche solo per il semplice fatto che Fazio giri il foglio della scaletta che ha davanti.
Sicuramente gli ascolti che verranno forniti saranno confortanti per RAI 1 e non potrebbe essere diversamente visto che tutte le altre reti televisive sono in vacanza fino a domenica ma resta il fatto che se veramente si vuole ritornare a rendere fruibile il Festival la strada è solo una, farlo ritornare ad essere il Festival della canzone!

Doubleg


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