Quello che si è visto ieri sera in diretta dalla città dei
fiori per la prima serata del 64° Festival di Sanremo è l’esatta fotografia di
un Paese che naviga veramente in una palude di acqua melmosa dove chiunque si
sente in qualche modo autorizzato ad usare un evento televisivo per avere non
solo visibilità ma anche e soprattutto per trasmettere messaggi non più
trasversali ma diretti.
E così capita che il mezzo televisivo venga usato a
sproposito da cittadini che si rivolgono alla politica e che quest’ultima di
contro lanci i propri messaggi attraverso un leader che monopolizza le
telecamere nella mezz’ora che precede la diretta e per mezzo dei conduttori che
non risparmiano le loro battute a senso unico.
Sembra quasi impossibile che una
trasmissione in eurovisione per la quale il servizio pubblico spende fior di
milioni di euro per la sua realizzazione apra la diretta con un sipario che non
si apre e con due operai ( disperati da mesi e mesi trascorsi senza ricevere lo
stipendio ) che sfuggiti a qualsiasi tipo di controllo minacciano di buttarsi giù dalla galleria
del teatro.
Questa apertura in pieno caos
televisivo ha avuto come prologo la comparsata di Beppe Grillo leader del
Movimento 5 Stelle nella zona antistante l’entrata del teatro Ariston, dove da
uomo di spettacolo navigato si è messo a favore di vento o meglio di telecamera
( in maniera tra l’altro del tutto annunciata ) regalandosi di fatto una buona
mezz’ora di diretta televisiva in cui ha snocciolato tutto il suo miglior
repertorio come leader dei pentastellati.
Che dal palco del Festival di
Sanremo siano stati lanciati in passato messaggi di ogni genere non è una
novità e del resto non si può nascondere che il Festival sia parte integrante
della storia del nostro Paese, ma con il passare degli anni i messaggi
subliminali hanno sempre più lasciato il posto a messaggi diretti e ben
precisi, soprattutto di natura politica.
Certo viene da sorridere al
messaggio lanciato nel 1952 agli albori del Festival da Nilla Pizzi che con la
sua “ Vola colomba “ cantata con la mano sul cuore auspicò di fatto il ritorno
di Trieste all’Italia.
E che dire del messaggio
lanciato nel 1958 da Domenico Modugno quando le sue mani, non più sul cuore, si
alzarono al cielo nel cantare “ Volare”
quasi a testimoniare un gesto di liberazione ed un segno di speranza per
quel boom economico che avrebbe di fatto accompagnato l’Italia di quegli anni.
Ma il vero problema della
kermesse sanremese è quello di aver perso con il passare degli anni la sua vera
identità, non ci troviamo più di fronte al Festival della canzone italiana ma
ad uno spettacolo “contenitore” in cui all’interno vi sono anche le canzoni che
hanno però di fatto perso quella orecchiabilità tipica delle canzoni sanremesi,
trasformando il Festival in una sorta di Premio Tenco allargato.
In più a fare da cornice a
canzoni di pessima qualità, tipo quelle cantate dai Perturbazione ( più adatte
al Festival dello sconosciuto di Ariccia ) vi è lo stillicidio continuo delle
battute della Littizzetto che apre bocca ( usando una terminologia farcita di
culi,tette ed altri vocaboli che denotano un certo logoramento della sua vena
creativa ) anche solo per il semplice fatto che Fazio giri il foglio della
scaletta che ha davanti.
Sicuramente gli ascolti che
verranno forniti saranno confortanti per RAI 1 e non potrebbe essere
diversamente visto che tutte le altre reti televisive sono in vacanza fino a
domenica ma resta il fatto che se veramente si vuole ritornare a rendere
fruibile il Festival la strada è solo una, farlo ritornare ad essere il
Festival della canzone!
Doubleg
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