Acque agitate nei corridoi
dell’emittente monegasca dove dalla ripresa della “regular season “ dopo la
pausa estiva sono circolate voci sempre
più insistenti sulle difficoltà economiche che sembrerebbe attraversare il
Gruppo Finelco, tanto da indurre qualche Cassandra che si aggira nei meandri
della radiofonia meneghina a ipotizzare possibili ed imminenti tagli sul
personale oltre ad un quasi inevitabile passaggio di proprietà entro il primo
semestre 2015 della maggioranza delle
quote azionarie ad un novello Tohir ( presumibilmente spagnolo ) con il pallino
della comunicazione via radio.
Se questi rumors saranno
confermati appare del tutto strano
apprendere che ai piani alti di Largo Donegani gli scienziati della comunicazione
che operano h24 nell’Ufficio Complicazioni Affari Semplici si accingano a
mettere mano ad una vera e propria rivoluzione del palinsesto che dovrebbe far
trovare agli ascoltatori sotto l’albero di Natale ( ma qualcuno ipotizza già
dai primi di dicembre ) una radio quasi totalmente votata alla messa in onda di
sola musica giusto per andare incontro a quanti amano il genere “
filodiffusione “ che per la cronaca vide la luce in Italia il 5 gennaio 1959.
Sul fatto che i responsabili di
Radio Monte Carlo abbiano dilapidato negli ultimi dieci anni un patrimonio
incredibile di ascoltatori è cosa risaputa e trova conforto nei dati forniti
ciclicamente dalle indagini sulla rivelazione degli ascolti dove l’ex radio di
Gran Class puntualmente perde consensi, come nel caso dell’ultima indagine
relativa al periodo 18 giugno/30 settembre 2014.
Viene quindi da chiedersi se non
sia il caso di lavorare per lasciare agli eventuali nuovi proprietari una radio
fatta bene ed al passo con i tempi piuttosto che un qualcosa che saprebbe di
vecchio come la filodiffusione.
Ho scritto a più riprese da
semplice ascoltatore che ritengo deleterio il lavoro che sta facendo chi dirige
l’Ufficio Complicazioni Affari Semplici di RMC e se fosse vera la notizia di un
imminente cambio di programmazione improntata verso una radio di solo musica mi
viene spontaneo fare alcune riflessioni al riguardo non certo con la speranza
che possano essere condivise ma giusto perché rimangano a futura memoria nella
malaugurata ipotesi che il voltar pagina della radio porti ad un fuggi fuggi
repentino e traumatico dei già pochi ascoltatori.
La radio rappresenta nella vita
di tutti i giorni il più grande mezzo di comunicazione che si possa immaginare,
in grado non solo di trasmettere ma anche di ricevere, capace di far sentire
qualcosa all’ascoltatore ma anche di farlo parlare mettendolo di fatto in relazione con altri.
In tutti questi anni ha
mantenuto il fascino di televisione senza immagini, capace di creare un
rapporto duraturo con l’ascoltatore ( fatto molto importante da un punto di
vista pubblicitario ) e con il grande pregio di poter essere ascoltata ovunque
e in ogni momento della giornata, anche durante lo svolgimento di altre
attività.
La radio è un insieme di voci e
suoni, non è qualcosa di chimico ma piuttosto alchimia nel senso che ciò che
esce dall’altoparlante o dalle cuffie non è una formuletta perfetta dettata dal
cervello ma è anche e soprattutto qualcosa che nasce dal cuore.
A chi muove le fila a RMC
consiglierei di dare una guardatina ad una copertina del popolare “ Saturday
Evening Post “ del 1922 che riporta il dipinto “ Listen,ma!” del popolare
illustratore Norman Rockwell ( a lui è dedicata una mostra a Palazzo Sciarra a
Roma fino a febbraio 2015 ) in cui la musica e il piacere di ascoltare ciò che
viaggia nell'etere sembrano la cifra dominante dell’illustrazione.
Mi chiedo anche se i direttori
di RMC abbiano ben chiaro chi siano i propri ascoltatori visto che tra il
milione e 222 mila fedelissimi ormai rimasti, ben 1 milione e 51 mila persone
hanno più di 25 anni e notoriamente si sa che il pubblico maturo preferisce la
radio parlata al contrario di quello giovanissimo che predilige la sola musica.
Dispiace dover fare un analisi,
che può apparire impietosa, di una radio che per rinnovarsi non trova di meglio
che tarpare le ali agli speaker che verranno relegati ad un ruolo di robot
pre-programmati a cui sarà concesso di annunciare il titolo del brano che andrà
in onda e nulla più.
Quando si tocca il fondo del
barile di solito le colpe vengono equamente distribuite tra quanti hanno
contribuito, ciascuno per la propria parte, a generare il disastro; è fuor di
dubbio che le responsabilità maggiori siano ascrivibili a chi ha retto il
timone della nave che affonda ma anche l’equipaggio non è esente da colpe non
fosse altro per non aver fatto nulla per far cambiare rotta ad una nave che
prima o poi avrebbe incontrato sulla propria rotta la secca dove arenarsi.
Non a caso tempo addietro avevo
definito l’emittente monegasca come una sorta di appezzamento di terra dove
ciascun speaker coltivava il suo orticello, senza curarsi di ciò che avveniva
al di fuori del proprio fazzoletto di terra ed oggi che l’aria si fa pesante
può non essere più così importante andare in onda affacciati sul porticciolo
più bello d’Europa o far parte del ristretto numero di speaker “ che sanno solo
loro fare la radio “ perché quando in gioco c’è il proprio posto di lavoro
forse si capisce che c’era tempo e spazio per fare qualcosa prima …